lunedì 3 novembre 2025

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO : 31

(16.02.2009)

 In quegli anni i nostri viaggi diventavano sempre più lunghi, le scorribande in Europa a volte si sapeva dove cominciavano ma non dove andavano a parare. E così a volte ci fermavamo a Campodolcino per più settimane, a volte invece erravamo senza sosta spingendoci sempre più su, sempre più lontano. La nostra meta reale, confessata o solo percepita, era Capo Nord ma non riuscimmo mai ad arrivarci perché quell'anno, in Svezia, il pulmino iniziò ad andare a tre pistoni e mestamente ci girammo arrancando per tornare a casa. Vedemmo però cose fantastiche: quando penetrammo nella Foresta Nera, la strada si dipanava attraversando una infinita sequenza di alberi giganteschi, immersi nell'eterno crepuscolo dove la luce del sole non riusciva a farsi strada. Da un momento all'altro ci aspettavamo di dover dare un passaggio a Sigfrido , con la benedizione di Wotan...a Norimberga scendemmo nello stadio dove si svolgevano le monumentali adunate del Fuhrer e lanciammo i nostri sguardi all'intorno, tra gli ammassi di macerie, oltre il filo spinato che ancora spezzava in due il campo erboso. Ad Amsterdam restammo impressionati nel vedere i nuovi palazzi costruiti a fianco delle rovine causate dai bombardamenti, ancora presenti dopo tutti quegli anni, e passeggiammo nei vicoli affollati di negozietti folkloristici, tra fumerie di droga legalizzate e pornoshop - una novità assoluta dato che in Italia ancora non avevano preso piede. Nel porto beccheggiava un favoloso galeone, diventato un museo, che pochi anni orsono andò distrutto in un incendio doloso. Grande perdita. E il grandioso parco dei divertimenti, dove al pomeriggio passava la banda in costume ottocentesco annunciando gli spettacoli e le attrazioni sotto la ruota panoramica. In Austria più volte ci fermammo ad Innsbruck e in un piccolo paesino lì vicino, Hopfgarten, dove c'era un grazioso campeggio e la bizzarra abitudine di nominare cittadini onorari gli ospiti che vi soggiornavano per più anni, come capitò a mio padre, visto che io negli ultimi tempi, troppo occupato a fare l'uomo sposato, a volte non partivo più con loro...a Hopfgarten la mattina ci riempivamo con la colazione a buffet, una roba da non credere, tavolate di bevande, uova fritte, salami e salsicce, wurstel e crauti, dolci clamorosi e frutta, mangiavamo più la mattina che a pranzo, poi ci preparavamo pacchi di panini e così muniti ci inerpicavamo per le montagne, con le funivie che si perdevano tra le nuvole. Scendevamo e continuavamo tra i pascoli, con i nostri alpenstock pieni di distintivi in lamierino d'ogni città visitata ad aiutarci nell'ascesa; ci si fermava a godersi le mucche intente a brucare e arrivavamo, nell'aria frizzante, ad una minuscola baita dove la graziosa e tonda figlia dei padroni offriva latte appena munto, knodel di fegato in brodo ben caldi e a volte i minuscoli gnocchetti inzuppati nel formaggio. Cose semplici, tipiche ma tanto saporite. E si faceva ritorno a bordo delle cabine volanti, nel tramonto incalzante, verso l'albergo a volte o verso il campeggio, a seconda di come avessimo avuto disponibilità per vedere il paesino sempre con le serrande chiuse, ché alle diciassette già se ne tornavano a casa per cenare, e infatti la sera si trovavano aperte unicamente le birrerie dove gruppi di locali nei loro costumi tipici intonavano cori tradizionali. Ci rimangono - di quegli anni vagabondi - montagne di fotografie che facevamo con le nostre reflex, altro che le moderne miracolose macchinette digitali, lì c'era da combattere con Din e Asa, e io che all'epoca mi ero attrezzato una camera oscura a casa, ne sapevo una più del diavolo in tema di velocità di scatto e di sviluppo, tirando le pellicole a 400 asa sino a 3600 per fermare le mosche in volo...Una in particolare mi è cara, mio padre in posa all'incrocio tra il fiume Reno e la Mosella, perché era un luogo immancabile per i turisti. I due fiumi infatti avevano due diversi colori, giallo e blu e si fondevano in un verde inconsueto, cosa mai vista nei normali panorami che attraversavamo. Unica tristezza, l'averla stampata in bianco e nero..



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