lunedì 3 novembre 2025

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO : 33

 (02.03.2009)

Diversi anni fa, con la scusa di evitare di fumare le tante sigarette che mi ottenebravano, decisi di passare al sigaro, un modo di fumare relativamente meno pericoloso dato che il fumo non va inspirato ma solo assaporato tra boca e naso. E come sempre accade, la mia mania di sviscerare qualsiasi argomento, prese il sopravvento: in breve tempo ero diventato un avido frequentatore dei migliori salotti di tabaccai, quelli per intenderci specializzati nel sigaro e nella pipa arrivando quasi ad iscrivermi all'Accademia del Fumo Sapiente, bizzarra congrega di buongustai del saper vivere, ma ahimè la cui retta era talmente alta che fece da intelligente sbarramento alle mie desiderata. Me li provai tutti, i sigari sul mercato nostrano, dai morbidi Garibaldi ammezzati - il tipo di Toscano più dolce ed affabile che ci sia - all'Antico fatto a mano, nodoso e patriottico, amato a tal punto da Mario Soldati che, per motivi medici essendogli stato proibito di fumarli nei suoi ultimi anni di vita, si era fatto costruire una macchinetta che fumava per lui, dandogli però la possibilità di aver casa piena di fumo e goderselo... La mania dell'Antico mi aveva avvolto al punto che, quel tragico anno in cui i produttori di tabacco e i tabaccai italiani ci avevano steso a pavimento con i loro scioperi, un giorno mi venne (è il caso di dirlo) il fumo agli occhi, presi l'auto e mi scaraventai a Siena dove feci incetta di tutte le scatole in legno dei pregiati Antichi riportandole a Roma in segno di vittoria per lo spasso degli amici a cui lo raccontai e per l'invidia degli amici fumatori che erano restati a secco. Quasi leggendarie furono le cavalcate in Maggiolino fino a Innsbruck per caricarmi dei migliori sigari prodotti dalla Austria Tabak, altro che il nostro Monopolio, patria dei sigari olandesi cosiddetti per via del tabacco di provenienza dall'Oriente, dolci, amabili, secchi e facili da fumare. Dai piccoli Vandermeer panciuti e gustosi ai formidabili corona e doppio corona della serie celebrativa di Mozart, fino al grandioso Idomeneo, un Doppio Corona capace di regalare un ora di ottimo fumo, e tutta la produzione austriaca vantava scatole di presentazione bellissime, laccate in nero con fregi in oro o in rosso scolpito e in mille e più dimensioni. E qui da noi si riuscivano ancora a trovare gli ottimi Henry Wintermans nella confezione in velluto rosso, con i loro tubos in vetro o in metallo laccato bianco e oro, dal sapore gentile, adatti ad ogni occasione, simpatici da unire ad un buon bichiere di Porto. Fu naturale scatenare la passione nell'acquisto di attrezzi vari per la cura del sigaro, dai portasigari in pelle da tasca alle taglierine per mozzarne la coda così da poter ricevere il fumo fresco evitando le buffonate classiche da film americano col taglio dei denti e susseguente sputo...Fino, era chiaro, ad una pregiata scatola humidor in radica di noce che presi dal caro Carmignani, gran signore del fumo, tenutario della più bella bottega per pipe che ci fosse a Roma, invidiatissimo dal vicino Fincato che pur vantava nel suo negozio la presenza di tutti i politici del vicino Quirinale ma che era pur sempre nata come tabaccheria. E da qui a passare al gradino successivo, i mitici sigari cubani, ci volle poco, giusto il tempo di aver quattrini sufficienti, ma si sa, ero giovane e con diversi soldi a disposizione, la casa ed il figlio erano ancora nel limbo delle idee in divenire. Intrecciai un corposo epistolario con due case a dir poco leggendarie di Ginevra, la Davidoff e la Gerard et Fils, dai quali mi facevo spedire il meglio a loro disposizione: tutta la serie degli Chateau di Davidoff, persino gli Haupt-Bryon poi mai più prodotti, anche se prediligevo gli Chateau Margaux perché più piccoli e panciuti, quasi dei Torpedos, che garantivano una pienezza invidiabile. Da Gerard invece mi giungeva il meglio di Cuba, i Punch, i Romeo e Julieta, i Cohiba che centellinavamo nel retro negozio di Carmignani sprofondati in poltrone di cuoio grasso inglese davanti a bicchieri di grappa toscana nei quali il caro Carmignani aveva il vezzo di intingere il suo sigaro attendendo che si asciugasse per meglio assaporarselo. E l'anno in cui i tifoni spazzarono la Vuelta Abajo, la più grande e celebre piantagione, culla del migliore tabacco cubano? Tutto il mondo dei fumatori tremò, restando in trepida attesa di sapere quanti mannocchi di foglie sarebbero stati disponibili per le lavorazioni, precipitandosi a prenotare casse su casse, con la paura di dover ricadere sui sigari honduregni..I cubani andavano conservati religiosamente negli humidor e ognuno di noi faceva a gara nel trovare la temperatura giusta e la migliore mescola di acqua e liquore con cui impregnare la spugna interna per garantire la vita e l'aroma dei preziosi gioielli, lasciandoli maturare per anni, pulendoli una volta all'anno quando facevano la fioritura sulla capa, la foglia esterna del sigaro..Ancora adesso conservo una piccola ma nutrita scorta di sigari nel mio mobile per il fumo, insieme alle tante miscele per le pipe che col tempo avevo perfezionato e lasciato a maturare, ma questa, ah sì, questa è un altra storia..



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