lunedì 20 ottobre 2025

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO : 10

(15.10.2008)

 Nel profondo della Romagna c'era un paesino, tutto raccolto attorno alla piazza centrale col suo porticato e i minuscoli negozi che lo affollavano, il legnaiolo, la mesticheria, la rivendita dei tabacchi con le nazionali e le esportazione da vendere sciolte...era l'inizio del novecento e i miei nonni, allora bambini, giocavano come gli altri loro compagni con il cerchio, la palla o a rincorrersi. Nonno bambino seduto sul seggiolo del fotografo a farsi una lastra in nitrato d'argento vestito con un costumino da pastorello, campeggia ancora nella mia camera da letto. Le Guerre erano  un brutto sogno da ubriachi ancora da venire e tra il lavoro nei campi e la visita in chiesa la domenica il tempo passava quieto, poi crebbero, si sposarono e la bufera imperversava nel mondo, mio padre bambino a fare il Figlio della Lupa sognando di diventare Moschettiere del Duce e le sorelle intente a brigare per portare avanti la casa. Ricordo i lunghi viaggi con l'alfa verde 1600 di nonno, da Roma a Russi, per tornare a trovare la vecchia zia suora, che mi riempiva di santini e di stampini di gomma da inchiostrare per imparare a disegnare. Si radunavano i parenti, nonna lavorava al vecchio tombolo di sua madre quei meravigliosi ricami che avrebbe fatto per tutta la vita, si creavano montagne di tortellini da cuocere nel grasso, sapido brodo di gallina, che bastava il profumo a sanare tutte le malattie. A ottobre si festeggiava la Fera dei Sitt Dulur, e tutti ci si riversava in piazza a sentire la banda, quella piazza ormai irriconoscibile con una fontana e un giardino al centro, dove ora si suona il rock metallico. I parenti andavano alla fiumara a caccia di rane e le preparavamo fritte, con quel loro gusto di coniglio così delicato, e poi si uccidevano i maiali ed erano salami, prosciutti  lasciati nelle cantine ad asciugare e le fantastiche salsicce che spalmavamo sulle grandi fette di pane sfornato da poco. Ora lassù, di noi, non c'è più nessuno, l'antico albero genealogico nobiliare diluito e svanito nelle ceneri di archivi comunali distrutti dalla Guerra, vaghe eco risuonano ancora nei registri di piccole parrocchie di campagna dove i nuovi giovani preti non riescono neanche a leggere le calligrafie ornate in uso all'epoca...E nei campi che ancora, grazie a Dio, resistono all'espansione urbana, svettano gli stessi fiori che mio nonno coglieva timoroso per mia nonna, sotto quel sole d'agosto che spacca le teste come nei libri di Don Camillo, e quando penso a loro spero crescano per sempre.



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