mercoledì 22 ottobre 2025

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO : 23

 (03.01.2009)

All'inizio degli anni 80 vissi certamente la stagione più piena dei miei amori giovanili, quelli insensati, bollenti, quelli che ti segnano e quelli che svaniscono come le bolle di sapone nella nebbia. Ricordo un giorno, tornavo dall'università con l'autobus, attraversando il centro, quando tra la folla stipata mi apparve qualcosa di molto simile ad una visione: una ragazza talmente bella che diventai rosso al solo guardarla in faccia. Lei se ne accorse perché sorrise, con un sorriso da aprire i cieli, con due occhi azzurri purissimi, boccoli biondi a farle da corona.. Dovevo essere completamente fuori di testa perché senza capire quel che facevo mi spinsi sino a lei, fissandola ma senza il coraggio di aprire bocca. Restai a fissarla fino alla mia fermata, lei era davanti a me, si aprirono le porte e si spostò, scesi convinto di averla dietro di me ma mi girai e la vidi, ridente, dietro le porte che si chiudevano. Mi salutò e il mio cuore fu perso. Da quel giorno mi aggirai intorno alla fermata dove ero salito la prima volta, tutte le mattine, per due mesi, non concludevo più nulla, non andavo più all'università, non avevo niente altro nel cervello che lei. Alla fine, stremato, decisi che avrei fatto un ultimo tentativo e poi avrei lasciato perdere; mi piazzai come al solito a via Tomacelli, alla fermata dell'autobus e le ore scivolarono lente. Poco prima di pranzo, mentre stavo per andarmene, lei scese alla fermata insieme ad una amica, si girò e mi vide, sorrise, mi venne incontro e come se non avessimo fatto altro prima nella vita, ci abbracciammo e ci baciammo. Ricordo il mio viso affondare nei suoi capelli d'oro, ricordo il suo profumo, la sua carne, le sue labbra. Ci prendemmo per mano e passammo la giornata insieme, quasi senza parlare. Era così, così doveva essere. Furono mesi deliranti, completamente persi uno nell'altra, poi i suoi amici, il gruppo che aveva, cominciarono a prendere più spazio di quanto ne desse a me. Io, pazzo come ogni giovane è, mi distaccai quel tanto che bastò per incrinare la sfera di cristallo dove avevamo chiuso i nostri sogni. Ma continuavamo a vederci e ad amarci. La ricordo, con i suoi stivali color dattero chiari e alti, le calze autoreggenti color smeraldo, la gonna di cotonina provenzale a fiorellini, la camicia bianca morbida, il golfino a cardigan rosa aperto e lei, con quegli occhi che avrebbero cristallizzato i cieli, che mi diceva : vieni, puoi farlo, ti voglio. E io che piangevo nel possederla, terrorizzato all'idea di perderla. E un giorno, ovviamente, la persi. Incontrò un altro, uguale a me, ironia della sorte, in tutto e per tutto, tranne per il fatto che era un finanziere e dunque aveva un lavoro che gli avrebbe permesso di mettere le basi per una famiglia. Del giorno del loro matrimonio, il primo maggio dell'81, rimane un quadro spaventoso che feci e che non ho mai esposto per la troppa violenza che racchiude. Ma il tempo passò e i loro guai iniziarono. Ricominciammo a sentirci, a vederci e tornammo ad amarci, con forza, con violenza, con la passione di due amanti ad un passo perennemente dalla fine.  La nostra relazione durò per qualche anno, più maturi, più disillusi, ma ancora innamorati così profondamente, da sapere che noi e solo noi eravamo il nostro destino. Fin quando cambiò lavoro, cambiò casa e andò ad abitare fuori Roma ed io non la incontrai più. Come un drogato in crisi d'astinenza, a volte, alzavo il telefono per sentire la sua voce nella segreteria telefonica e mi illudevo di avere ancora davanti a me quel suo viso meraviglioso, inchiodato come un icona nel ricordo di una giornata d'estate...io che andavo ai castelli con la mia ragazza dell'epoca e fermavo l'auto davanti ad un baracchino dove vendevano funghi per acquistarne e lei che scendeva dall'auto del fratello per lo stesso motivo, con un cappellino di paglia ornato da nastri azzurri e piccole ciliegie di plastica rosse del colore delle sue labbra, e i nostri occhi a supplicare di avere ancora un attimo di tempo solo per noi. Per poi svanire, lasciandomi col cuore a brandelli. Ed io a trascinarmi tra amori grandi e piccoli, tra esperienze di vita e decisioni giuste o sbagliate. Ma il mio cuore è con te, lo sarà sempre, così come eterna sarà la bellezza che ho fermato nei tuoi quadri. Quando noi saremo cenere la disumana grandezza di questo amore avrà lasciato parole indelebili nel libro della Vita e allora sì, che ci incontreremo di nuovo, e sarà per sempre. Intanto qui, io resto a scontare il peccato di averti perduta, una colpa che il tempo non cancella né perdona, in questo presente dove solo la forza di rendere un sogno, il Sogno, quello che altrimenti sarebbe solo e unicamente un ricordo come tanti, una ruga in più sull'anima, mi dà la capacità di non arrendermi alla realtà.  Nulla muore se non la lasciamo morire, nulla invecchia se gli occhi del cuore sanno restare giovani.




Nessun commento:

Posta un commento