(21,10,2008)
Nei primi anni 60, arrivati allora allora a Roma, con tutto il futuro ancora da inventarci, trovavamo mille semplici modi per economizzare il possibile ricavandone quelle minime gioie che ci facevano sentire dei gran signori. Quando era domenica, ad esempio, ce ne andavamo a Porta Portese, allora ancora ammantata di quell'alone leggendario, la patria dei trovarobe, sorta di girone dantesco dove ogni minuscola cosa sembrava preziosissima e realmente si poteva trovare di tutto, dal banco delle noccioline tostate lì per lì, al venditore di porcellini d'India con le loro gabbiette, ai vestiti militari che i soldati andavano a vendere alla fine della naja, alle reliquie dei Santi trafugate nelle chiese, in quell'aria che controsole brillava di un inesauribile pulviscolo creato dallo struscio di mille piedi sul selciato, dalla polvere vetusta delle carabattole...Con papà andavamo a fare il "provvistone" che consisteva nell'andare al banco dei giornalini usati e con pochi soldi portarci via un bustone di Mandrake, Uomo Mascherato, i favolosi Flash Gordon a puntate e gli Albi della Rosa che erano i predecessori dell'attuale Topolino, grandi più del doppio di quelli odierni, tant'è che dalle copertine ritagliavamo le facce di Paperino, Pippo e gli altri, così grandi, che le avevamo attaccate sui muri della nostra camera a mo' di poster. Nonno a volte si concedeva l'acquisto di un 45 giri che suonavamo a casa nel mobile Grundig stereofonico che aveva e che ancora troneggia nel mio salotto, tirato a cera, per durare altri sessant'anni. E a volte, quando era in vena di facezie, osava comprare dei dichi di stornelli romaneschi che ascoltava a pranzo con i miei, ma solo dopo aver mandato via me e mio fratello non volendo, Dio lo benedica, turbare le nostre orecchie innocenti con le avventure scapestrate di Alimò e Taccitù, i due fratelli indù...Papà custodiva gelosamente il "provvistone" e ce ne centellinava il contenuto giorno per giorno, così da evitare che gli dessimo fondo subito e noi ci infilavamo nel lettone dei miei, belli comodi, a leggere e a sognare. Molti di quei giornali li ho conservati, altri col tempo li ho ritrovati. Ricordo ancora quando regalai, già almeno trentenne, a mio padre, una sontuosa edizione anastatica di Cino e Franco, che lui aveva sempre vagheggiato da piccolo ma che per la mancanza di soldi non si era mai potuto concedere. La faccia che fece, da non crederci. Valse tutta la spesa, non indifferente, e lo riportai indietro alla sua infanzia..

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