martedì 21 ottobre 2025

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO : 22

 (20.12.2008)

Passata l'infanzia non posso dire di aver passato dei Natali memorabili, troppi problemi, troppe le preoccupazioni per il lavoro o la famiglia. Certo uno dei più assurdi lo passai nel 1980 e non a casa, ovviamente. Ero vigile del fuoco e stavamo confinati in caserma, quattro disperati o pochi più, considerato che la maggior parte di noi era partita per andare a casa dai lor parenti. I giorni si trascinavano in una inattività mortale, tra esercitazioni di routine e servizi vari. Parecchi colleghi avevano però scovato il modo di far passare il tempo occupando e la mente ed il corpo con sistemi che definire esotici è dir poco. Uno in particolare giungeva tutte le mattine da casa con una cinquecento bianca tutta scassata, parcheggiava, alzava il sedile posteriore e cominciava a distribuire panetti di marjuana e bustine di bianca. I piccoli capannelli che si formavano intorno a lui si dileguavano rapidamente, disperdendosi nelle camerate e da lì a poco eccoteli vagare con quelle facce distratte e svagate per i portici della caserma. La cosa terrificante era quando dovevi fare le esercitazioni con le scale a ganci appeso ai balconi e chi doveva sorreggerti da sopra sapevi bene che dieci minuti prima si era andato a fare una pera nei cessi, così toccava scapolare nella fila per non incrociarli e non rischiare di imparare a volare da quattro piani, cosa che accadeva, e come. Roba ne correva, dappertutto e se anche non ti facevi c'era sempre qualcuno pronto a darti un assaggio gratis. Si arrivò al natale, un natale gelido oltre ogni dire, nella caserma sperduta vicino alla campagna e all'ippodromo. In cielo le stelle e in terra non il Redentore, ma noi, manipolo di gente dimenticata laggiù. Alla fine arrivò Walter con una scatoletta e cominciò a distribuire certe minuscole sigarette oppiate tibetane, a suo dire, ma chissà da dove arrivavano...e tra il freddo, il gelo, la notte che non passava mai e qualche bicchiere di troppo, là nel corpo di guardia, mi ci infilai in mezzo anch'io. Mezz'ora dopo ballavamo il rock'n'roll nel piazzale, da soli e senza musica, che quella che avevamo nel cervello - sballato - bastava e avanzava. Alle due il mondo era composto di stelle, vigili skizzati e cani ululanti nelle campagne, e non so quali di questi fossero più persi nel vuoto cosmico.. La cosa andò avanti ancora, anche se saltuariamente, ma si sa, la gioventù difficilmente va d'accordo con le regole del buon vivere e le compagnie che frequentavo fuori dal servizio militare, certo non presagivano nulla di buono. Ci si ritrovava in auto, in cinque e dopo pochi minuti la nube all'interno avrebbe dato dei punti a Seveso.. Un giorno uno di noi lo ritrovarono a casa, c'era rimasto secco, un buco di troppo. Ma ancora non ci bastava. Quello che tocca agli altri pensi sempre non tocchi a te. Fino al giorno che partii dalla piazzetta con la vecchia Giulia 1300, strafatto, pensando a cosa dire a casa, al pranzo con i parenti che certo avrebbero sentito un odore non proprio di tabacco tutt'addosso a me e svenni alla guida. Mi ripresi in tempo per guardare in faccia la morte che sotto forma di un autobus mi stava venendo addosso, e lanciai l'auto sul marciapiede, miracolosamente sgombro in quel momento. In quel che vomitai credo ci sia stata anche l'anima ma non toccai mai più un oncia di niente. E sono ancora qui per raccontarla.



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