(25.09.2008)
Quando ero minuscolo, e parliamo del '59..., con mio padre la domenica mattina andavamo a passeggiare per il lungomare di Bari, all'ombra delle palme, a guardare i pescatori che fermavano le loro barche e vendevano i polipetti appena presi, li sbattevano sugli scogli e la gente li mangiava così, crudi, con un poco di limone. Un sapore che non esiste più, ottenebrato dagli scarichi di infinite navi.. e poi, dopo la messa ci recavamo al Palazzo della Motta, un immensa gelateria-pasticceria che a me sembrava la casa di Babbo Natale, dove mio padre ci faceva fare i Monterosa, quei frullati di latte e ghiaccio con le Amarene Fabbri, deliziose, ancora in voga fino una diecina di anni fa, poi compravamo il vaschettone di plastica con lo squaglio di cioccolata fondente, i bignè alla crema affogati dentro e tutto ricoperto di panna, che di corsa portavamo a casa, vicino a via Sparano, dove mia madre stava a cucinare e ad aspettarci. Piccolissimi doni, che mi sembravano tesori, in un epoca dove la minima cosa appariva mille volte più importante di ciò che era...un topolino grigio di plastica con le rotelle sotto e l'elastico da tirare per farlo correre (ci credereste? ne ho trovato uno per Baby Doc, da un antiquario, lui lo ha messo nella vetrina del mobile così gli si conserva, povero caro), e i gioiosi pescetti rossi dolci di liquirizia che il vecchietto col triciclo vendeva insieme alle noccioline tostate nel vicolo dietro casa. Da Castroni ancora li trovo, ogni tanto, e il loro sapore mi riporta agli anni d'oro che il Tempo ha divorato senza pietà..

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