martedì 21 ottobre 2025

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO : 17

(12.11.2008)

Primi anni 60, iniziavamo ad ambientarci a Roma dopo il viaggio da Bari. La casa ci sembrava così grande, ingresso, sala da pranzo, studio, due camere a letto cucina, stanzino, due bagni...un immensità rispetto all'appartamento piccolo da cui venivamo. Tutti quei marmi, il parquet...certo, dalla finestra vedevamo una collina dove stavano facendo degli scavi e tutto quel verde oggi è annichilito dai palazzi. Non pensavamo, all'epoca, che quella casa in periferia sarebbe finita al centro di una zona tra quelle definite "bene", nel corso degli anni. Ancora sentivamo gli uccelli fuori dalle finestre. Forse per riempire un po' la casa e darci un pizzico di felicità, mio padre si convinse a comprarci un cagnolino, che andammo una sera a scegliere a casa di una persona che aveva avuto da poco una cucciolata: ricordo il grande cesto con tutti i cagnetti minuscoli e borbottanti, la bella madre dal grande e premiato pedigree. Ne scegliemmo uno, così amabile e lo portammo da noi, circondandolo di affetto. Diventò il cocco della famiglia, un gioioso cocker spaniel dal colore biondo che chiamammo Chicco. Si alzava a cercare sui mobili qualsiasi ghiottoneria gli nascondessimo, con un suo fiuto tutto speciale. Io e mio fratello, eravamo ancora davvero molto piccoli, tornavamo dalla scuola con il loro pullman che ci consegnava vicino casa, e mia madre usava venire a prenderci portando Chicco al guinzaglio. Eravamo sempre stati degli abitudinari, ligi alla precisione, agli orari e questo purtroppo si rivelò un errore. Un giorno il pullman ci sbarcò vicino casa, alla strada parallela, e noi due ci mettemmo buoni ad aspettare che mia madre arrivasse ma il tempo passava ed io non la vedevo. Inquieti, pensammo che non ci sarebbe stato niente di male ad andare a casa credendo che l'avremmo incontrata per la via, spinti anche dall'aspettativa golosa e tutta infantile, delle paste che mia madre aveva promesso di prenderci. Mano nella mano ci incamminammo guardando le vetrine e giungemmo a casa dove ci accolse mio padre, sbalordito e preoccupato nel vederci da soli. A quel punto anche noi cominciammo a pensare di aver fatto qualcosa di brutto, di sbagliato e non sapevamo se metterci a piangere, ci rifugiammo in camera nostra e ci mettemmo quieti a giocare con i nostri balocchetti. Poco dopo suonarono alla porta ed entrò mia madre con la gamba tutta insanguinata: era andata in pasticceria ed uscendo ci aveva veduto attraversare la strada. Impaurita aveva cominciato a correre ma, il pacchetto in una mano, Chicco al guinzaglio nell'altra che la tirava, era inciampata e caduta in terra e pur di vedere cosa ci stesse succedendo, aveva continuato a correre col ginocchio tagliato, perdendo sangue. A lei rimase una cicatrice sulla gamba ed io non riuscii mai più a mangiare i cannoli alla panna che aveva portato. Ci sono riuscito solo quarant'anni dopo, quando le confidai quanto mi sentissi ancora in colpa per quell'episodio che invece lei, col suo amore di madre, aveva dimenticato.. 




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