lunedì 20 ottobre 2025

ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO : 7

 (09.10.2008)

Poco dopo essere venuti a Roma, mio nonno pensò che ai suoi nipoti facesse bene godere della campagna durante il lungo periodo delle vacanze scolastiche e trovò un grande appezzamento a Velletri dove costruì una villetta, un pozzo, un grande garage con dietro il gioco delle bocce; tutta la terra venne messa a filari di vite, e molti alberi da frutto sorsero qua e là. Costruì persino un pollaio che forniva una montagna di uova, tante da non sapere cosa farne, e allora nonna cucinava torte, immense distese di fettuccine, pirofile di creme, bottiglie di zabaione dal color giallo così intenso che facevano venir fame al solo vederle. La grande cantina alloggiava le botti piene del nostro vino, un bianco sottile e aromatico, e bottiglie e bottiglie di fragolino, ma fatto veramente con l'uva fragola, non come oggi che è proibito e ne ha solo l'aroma...Il grande pergolato coperto di uva pizzutella ospitava il tavolo di marmo dove la grande comitiva dei parenti si riuniva nel fine settimana per pranzi e cene che finivano sempre con tutti distesi sulle sdraio a prendere il sole e quando a notte si tornava a Roma, alla radio ascoltavamo i cori da tutto il mondo e la domenica sportiva...Le notti, lì, erano un sogno, il tempo si dilatava immenso, restavamo fuori sulle sedie, imbacuccati in plaid e coperte, a guardare le stelle. Quanti di voi hanno mai veramente visto la Via Lattea in tutto il suo splendore? Quarant'anni fa riluceva dal cosmo, infinita, la strada prediletta per gli angeli ed i sogni di noi bambini, e mio padre ce la spiegava paziente, nell'avanzare della notte che un poco ci incuteva timore, persi laggiù nel buio della campagna, con le nottole che volavano vicino al lampione e i cani selvatici che ci scrutavano passando oltre il cancello. Con l'autunno cominciava la raccolta delle nocchie che stendevamo a seccarsi nel garage, erano un mare, così buone, ci divertivamo a trovare quelle forate per dar la caccia ai bruchi. Giocavamo con le grandi mantidi religiose che venivano al pozzo in cerca di umidità e dall'alto del nostro colle lo sguardo spaziava su tutti i Castelli romani, fino al mare; aspettavamo il passare - lontanissimo - del treno sul ponte sospeso per sapere a che ora fosse la merenda e poi correvamo da nonna e da mia madre a chiedere i biscotti e il latte...Il televisore in bianco e nero ci trasmetteva Braccobaldo e ci sembrava che la felicità fosse tutta lì, in quei giorni che non avevano inizio né fine, tra i cespugli di more e i filari dell'uva. Quando trent'anni dopo mio nonno morì, mia zia - che aveva avuto intestata come dote la proprietà ma non ci veniva mai perché viveva ancora a Bari - vendette tutto subito senza che mio padre facesse in tempo a salvarla per noi, così, a scatola chiusa, con tutte le cose care lasciate nel tempo, con tutte le botti di vino pregiato, e col ricavato comprarono tre cappotti di montone shearling ed una macchina, che un mese dopo mio zio sfasciò in un incidente. Ed ora, se a volte ci passo davanti, vedo tutto il podere raso al suolo e trasformato in un semplice campo d'erba all'inglese da chi la comprò.


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