Avvizzita, intimorita.
In questo mondo pieno di parole.
Non contro te, ma altrove.
Amici dei nostri momenti bui.
E per riconoscenza, nell'atrio di questo conversario,
è che sia l'ora del mea culpa.
Ma tu sai, per caso, con quanto tremore e timore,
mi son avvicinata a questo abisso senza fine?
E che non ne son più uscita fuori?
La mia non-parola ha generato non-primavere.
Perle della notte, e gocce consapevoli di dolore.
Mi son saziata, sì.
Ed ora rimangono qui, nel mio esofago.
Strozzate ed avviluppate.
Contorte.
Doloranti.
Essere nuova come la luce ad ogni ombra.
Grazie...
(scrisse la Musa, con lettere incise nella carne del suo cantore)
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