(Prima pubblicazione 19.04.2009)
E' buia, del tutto, la strada che percorro, nel silenzio della campagna del parco di Vejo. Rare stelle dall'alto si domandano che diavolo ci faccia a quest'ora in giro, invece di starmene sul divano con mio figlio sulla pancia a guardarmi i pesci nuotare nell'acquario. Lo stormire quieto delle foglie degli alberi fa da tappeto al nero della notte. I fari dell'auto lo tagliano, nel mostrarmi il quotidiano asfalto da percorrere e lei sta lì, eccola, improvvisa, a far capolino dal bordo di un cespuglio, col suo muso appuntito, girovaga come me, anche lei alla caccia di qualcosa, che non sa se troverà, altre cose minuscole e pelose, cose che si muovono furtive ai limiti dello sguardo, cose che brucano, che masticano, che strisciano e non sanno che stasera moriranno. Lei sta lì, e mi osserva indecisa, pensa forse che farà in tempo a passare prima che io arrivi fino a lei, o forse pensa che sia meglio rinquattarsi tra l'erba e aspettare che questa cosa grossa e rumorosa passi oltre e si perda nel buio. La vedo, con il suo pelo giallo rossiccio, la coda lunga e piena, le orecchie appuntite e gli occhioni spalancati. Penso quanto sia dolce ritrovarla, ogni tanto, confortevole quasi, una compagna sperduta e inaspettata, protagonista di un appuntamento che non ci siamo dati eppure ritorna, casuale. Fa bene all'anima vederla e sapere che c'è, da qualche parte, come i ricci grassocci, come i fagiani dalla lunga coda, che anche loro, stanotte, stanno osservando le stelle. Rallento, mi piace riempirmene gli occhi, riempirmene la mente, proibirmi di scordarla.. e infine passo e la lascio laggiù, mentre selvatica zampetta rapida da un bordo all'altro della strada e già mi ha scordato, presa da sé e dai suoi famelici pensieri.

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