martedì 2 dicembre 2025

LA PAZZA STORIA DEL MONDO - il Seicento barocco

 (Prima pubblicazione 23.06.2011)


Bogolini Marcellino fu Agenore erede Torquato, della nobile ma ahimè decaduta casata dei Bogolini, Custodi della Sacra Cravatta di Giovanni Battista, Borgomastri di Krankenfurter, Principi dello Scoglio-Vicino-A-Gibilterra, Braccio armato dell'Imperatore di Pizzico Ronciglioso, si barcamenava alla bell'e meglio mentre intorno a lui fioriva ed impazzava il Barocco seicentesco. In tutto quel tripudio di esagerazioni, forte della cassa piena di titoli ineligibili ma ancora sorprendenti, riuscì a farsi assumere come ragazzo-allo-scopettone dal celebre Ausonio Audiger, di passaggio in Italia per un tour gastronomico nel 1660. Audiger , perennemente teso a ricercare ghiottonerie da presentare a corte, acquistò una cassa di microscopici pisellini novelli scambiandoli per i semi dell'albero delle polpette verdi che gli erano stati offerti da due loschi figuri, uno con una benda sull'occhio, alto e dinoccolato, dalla insolita capigliatura e l'altro notevolmente claudicante ora da destra e ora da sinistra - come se non ricordasse se era veramente zoppo oppure no - basso e vagamente siciliano, dalla risata cachinnosa ed inopportuna e dal continuo ritornello "Ci-iccio!" che dava gran fastidio durante le conversazioni. Durante il lungo viaggio in carovana i pisellini si seccarono e, giunti a corte, Audiger diede immediatamente la colpa a Marcellino Bogolini, imponendogli di riparare al danno. Bogolini, per non saper che fare, li immerse tutta la notte in un intruglio d'acqua, sale, cardamomo e citronella. Al mattino erano gonfi, satolli, profumatissimi e non sembravano più dei semi. Terrorizzato al pensiero delle conseguenze, Bogolini tentò di asciugarli mettendoli a cuocere in una padella ma visto che la cosa peggiorava ed emanavano ancora più sapore, li occultò dentro un cappone e si rifugiò nelle scuderie. Audiger, ignaro, mise il cappone nel forno per il pranzo dell'eccellentissimo Colbert che, quando affettò la monumentale bestia, se la ritrovò farcita da quegli imprevisti affarini verdi. Il piacere che ne ebbe fu tale che suggerì al Re di rendere omaggio ad Audiger dandogli il privilegio di aprire nella reggia un minuscolo ma ben arredato spaccio di beveraggi alcoolici. Cosa molto apprezzata da tutti i dignitari che si diedero a sbevazzare senza ritegno misture esotiche, caffè e cervogia tiepida della Britannia. Audiger purtroppo non conosceva la ricetta del cappone farcito e, di fronte alle rinnovate richieste della corte, capitolò e dovette implorare il Bogolini per averla: Marcellino approfittò sfacciatamente dell'occasione, chiese la riabilitazione regale di tutti i suoi titoli e l'assunzione a tempo indeterminato, pensione, 13°14°15° e 16° mensilità, ferie, assistenza del cerusico di corte, col grado di Secondo Cuoco Regale. Audiger, a denti stretti ma a conti fatti, capì che gli sarebbe comunque convenuto e fece quanto richiesto. In capo a due mesi nelle cucine regali si poteva incontrare un Bogolini sempre più pasciuto, rubizzo e dittatoriale intento ad elaborare demenziali piacevolezze barocche tali da stupire sia l'Infanta Castellana che il Marajà di Trafalmadore, casualmente ospiti. Prebende e riconoscimenti fioccarono e venne insignito dell'Ordine del Babà d'Oro, del Cavalierato dei Santi Involtino e Farcìa, della Gran Commenda del Mestolo Pieghevole. Creò il Sontuoso Pasticcio di Pollo Morbido, variegato al tartufo, la Pizza Spiattata annegata nel pomodoro gustabile sia col cucchiaio che con curiose cannucce in liquerizia che gli davano un vago sapore speziato e la formidabile Torta Bogolini realizzata nel cortile della Reggia davanti ad una folla muta, stupefatta ed infine osannante. Si trattava di una vasca in argento niellato con putti ed amorini, riempita di crema chantilly allo zabajone nella quale vennero inseriti non meno di seicentododici minuscoli bignè ammorbiditi con l'alkermes e riempiti di creme al pistacchio, alla nocciola, al mascherpone svizzero e alla cioccolata dei Caraibi. Il tutto sontuosamente nascosto da una nuvola di panna montata mista a polvere di granella di nocciole del Piemonte e di Pistacchi della Calabria. Quando Bogolini, col suo mantello di zibellino iniziò a riempire le coppe da distribuire, l'ovazione trionfale scosse le vetrate della cattedrale. In tarda età Bogolini infine tornò in Italia dove, forte delle sue smodate ricchezze, acquistò il castello avito, lo rimise a nuovo ma sempre in stile barocco - l'architetto, Rocco, vide poi nella sua discendenza alcuni bizzarri stilisti dal gusto demodèe - e passò felicemente i suoi ultimi anni allietando la popolazione locale con omelette panciute alla salsiccia e salsa tartara, il piccione caffeinato, il cervo in agrodolce al cioccolato fondente, cedri canditi e vinaigrette. Ogni cinque aprile, da allora, la stirpe dei Boghi venera e festeggia il Bogolini col Pranzo del Ringraziamento, cercando spesso inutilmente di riprodurre le sue spropositate pietanze. Sua è la celebre frase "Si vive per mangiare, non si mangia per vivere" .

*continua*


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