domenica 7 dicembre 2025

PECCATI DI GOLA

 (Prima pubblicazione 05.09.2009)


Me ne stavo nel blog della cara Zahira a leggermi un gustoso post sulla nutella realizzato di concerto con InvisibleTouch e, dopo aver lasciato un commentino, son rimasto con la fame addosso, anche se sto tentando di digerire una pizza quattrostagioni le cui proprietà organolettiche avrebbero potuto decretare la fine della città di Ur dei Caldei... ma essendo notoriamente bisognoso di affetto e di dolcezze, sento la mancanza di qualcosa con meno carboidrati e più zuccheri semplici, di rapida assimilazione, capace di farmi affluire un poco di endorfine alle sinapsi. Quindi la mente stava vagolando su certe prelibatezze, certe ghiottonerie alle quali il mio spirito indomito e la mia pancia rabelaisiana non sanno fare fronte. Quei marzapancini dal peso specifico mai sviscerato dalla Montalcini, tre chili in tre centimetri cubici.. quei bignè pregni di panna affogati nello squaglio fondente che a Bari la Motta vendeva in cassonetti trasparenti... le sfogliatelle riccie sfornate bollenti e piene di canditi che ti affettavano sadiche il palato, che andavo a corso Vittorio da Bella Napoli a comprare e che mi son tornate alla mente in un folgorante lampo di lacrime quando l'altro giorno ho visto che ora ci sorge sopra una succursale della banca Barclay's... la straordinaria torta di Cecco che si compra a fette in piazza del Campo (ci cresce la verbena, bella la nostra Siena...) con lo zucchero a velo pronto a soffocarti all'improvviso per mandarti nel paradiso dei gulo-gulo (nome scientifico del ghiottone, voracissimo mammifero delle boscaglie americane)...  e la zuppa inglese che mia nonna faceva nel nostro podere di campagna su una pirofila, substrato di savoiardi inzuppati nell'alkermes grondante, crema delle uova dei nostri polli a coprire, guarnizioni di mandorline dolci e spellate, molli, bagnate appena colte dall'albero e le sbrodolose fette di pesche sciroppate che  facevano da trincea.. oh delirio dei sensi, ah appagamento del gusto, morire , sì, un dolce deliquio, un seppuku come Mishima col sole che sorge in fronte e un affilata stecca di cioccolato fondente della Lindt, purissimo, caraibico, speziato, giù nelle viscere, diretto e rapido... mangiar carne? a che giova? cacciagione, forse, frollata, con salse di mirtilli e bacche di ginepro, Chichibiò chi era costui?  no, che nulla vale quanto un monplaino, guardalo lì, la sua dolce virginale meringa nascosta tra le labbra tenuemente colorate del marròn glaceè racchiudenti quell'ultimo mistero, quello spruzzo, quell'eiaculazione di panna fresca e soffice, ahh un momplaino, sì, l'idealizzazione perfetta e compiuta - neanche un Da Vinci l'avrebbe potuta modificare - della sessualità.. correte, ora, voi esseri umani liberi dalle giogaie del lavoro notturno, affrancati dalle pastoie del cibo veloce, correte nella notte alla ricerca di una dose di glucidi e pensate a me mentre godete ad un bancone di pasticceria, a me che resto qui con la mia scimmia sulla spalla.. ha una strana forma di babà, a pensarci bene, e mi sta inzuppando le mostrine di rhum.

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