venerdì 12 dicembre 2025

INNO A ROMA

 (Prima pubblicazione  27.01.2010)



Ohhh, che bello, dopo dodici ore di turno di guardia, senza neanche aver potuto vedere il pargoletto stamattina che è dovuto andare a scuola col treno e due autobus, sapendo che stasera lo vedrò per il tempo di prenderlo da scuola e scaricarlo con la moglie (mia, non sua) al treno per riandarmene di guardia, sono - direi - così gioioso e baldanzoso che non ho sparato a un camionista che giocava a "stringi-la-macchina-contro-il-guardrail" solo per il miracoloso intervento di San Giuda.  Quindi ho aperto con sovrumano menefreghismo il primo giornale che mi è capitato tra il cappuccino e il cornetto e la sequela di moccoli che è partita in automatico avrebbe fatto la gioia di Tomas Milian ne "Il commissario Monnezza". Allora , i fatti son questi: a Pessano con Bornago, un paesino del Nord, desiderando preparare i bambini di quinta elementare per una gita a Roma, una maestra ha pensato di caricarli emotivamente facendo loro imparare alcune righe del celebre Inno a Roma. Una nonna ha aperto il diario del nipotino ed è insorta, da vera pasionaria, gridando allo scandalo. I giornali mobilitati hanno parlato di "rap fascisti", la maestra si è fatta venire uno choc nervoso, il direttore - tale Felice Menna, che si gloria di aver cambiato lo storico nome della scuola in vigore fino al 2005 (sic!) "BALILLA" in "Daniela Mauro", una psichiatra reperibile su facebook, quindi a quanto pare personaggio storico di tale levatura ed onore da meritarsi il nome su svariati istituti, alla faccia del piccolo Balilla il cui nome, divenuto quasi un aggettivo, era foriero di ben più alti valori insurrezionali contro l'invasore della Patria (e non certo del fascismo, che se ne appropriò molto tempo dopo) - il direttore appunto ha tenuto subito a dire che una bimba li aveva presi dall'inno fascista che poi a lui han detto che è di Orazio, ma che comunque ha consigliato caldamente per la prossima gita di far studiare ROMA di Venditti, grande inno di valore musicale e certamente gradito a tutti gli appassionati della storia. Del calcio. Puntualizziamo alcune cosucce: la fotografia del diario incriminato, manco fosse la ristampa anastatica delle lettere di Anna Frank o del documento con il quale Hitler decretò l'olocausto, mostra solo questo passaggio: " Sole che sorgi libero e gioioso, sul colle nostro i tuoi cavalli doma, tu non vedrai alcuna cosa al mondo maggior di Roma, maggior di Roma." Come potete notare, in queste righe, si evidenzia chiaramente l'apologia del fascismo ad opera di un bieco/a minore certamente portatore di manganello nello zainetto dei Gormiti. L'anziana pasionaria poi risulta, news alla mano, aver riconosciuto i versi "che era stata obbligata ad imparare a scuola e che aveva poi sentito urlare dai repubblichini di Salò". Ah, la mistica bellezza del fraseggio giornalistico, notate come con il sapiente uso di due verbi abbiano dato una connotazione orribilmente costrittoria all'ora di musica nelle scuole del ventennio e alle becere guerresche grida di quegli infami dei ragazzi di Salò, morti per un ideale, sbagliato magari, ma non per quattro soldi o per altro. Come se i repubblichini se ne andassero in giro ad "urlare" un inno notoriamente complicato anche da mandare a mente. E veniamo all'inno in sè: fu commissionato nientemeno che a Giacomo Puccini dal sindaco di Roma Prospero Colonna nel 1919 come commemorazione per le vittorie italiane nella Prima Guerra Mondiale, su testo del poeta Romano Salvatori, ispirato vagamente al Carme Saeculare di Quinto Orazio Flacco, venne eseguita per la prima volta a giugno del 1919 allo Stadio Nazionale di Roma riscuotendo il grande e meritato successo che lo segnò negli anni a venire quando il fascismo ne fece un motivo da imparare e cantare per le masse. Quindi come si vede un opera musicale di tutto rispetto, patriottica e NON fascista, ma le menti libere e liberali di certi individui non hanno tempo di informarsi, gli basta avere vaghi ricordi del ventennio per fare, evidentemente, di tutta l'erba un Fascio. Ora la vecchia signora avrà avuto la sua ben meritata vendetta contro quel che all'epoca evidentemente non gli era andato giù, magari l'avevano bocciata in canto, chi sa, il signor Menna ha avuto il suo bravo momento di gloria mediatica erigendosi a paladino dei sacri valori dei partigiani, il piccoletto sarà stato mortificato al massimo e crescerà magari desideroso di riscossa diventando un brigatista per ripicca, la maestra sarà stata messa in ginocchio sui ceci a piangere sul latte versato e Venditti potrà farsi pagare il copyright ogni volta che i piccoletti guarderanno l'Altare della Patria cantando RomaRomaRoma, core de sta città... Dite un po', non è una notizia di quelle sulle quali ci sarebbe da discutere una settimana? Una di quelle capaci adesso di spaccare in due fazioni perfino i blogger di chatta, dove naturalmente immagino che subito ci sarà chi non vede più in là del naso e inizierà a dirne di tutti i colori. Uno spasso da non perdersi, assolutamente.  Voi intanto, chi non lo conosce, ascoltatevi quest'opera di Puccini e trovatemi UNA parola addebitabile al fascismo, all'epoca di là da venire. Nel frattempo io e il pupo ci ripassiamo un altro ameno ritornello, molto più democratico: "Me ne frego"...

Commenti dei lettori dell'epoca : 

milady444 :letto con molto piacere cio che hai scritto impossibile fraintendere ciò che scrivi ma si in italia ora come ora devi stare attento pure se sbagli braccio per chiamare un taxi concordo con nerorosso non esiste piu cultura storica nè musicale ma una caccia alle streghe senza sapere nemmeno che volto hanno ma come dice crena "me ne frego"  e  vado avanti........a modo mio ciao crena graziella

nerorosso : 1) AMO QUEST'INNO2) LO CANTAVA SEMPRE LA MIA POVERA MAMMA3) L'UNIVERSO FORSE NON HA CONFINI LA STUPIDITA' UMANA SI4) LA STORIA PER MOLTA GENTE E' TABU'5) MENNA, O COME CAZZO SI CHIAMA CONOSCERA' VENDITTI MA NON PUCCINI6) MENNA O COME CAZZO SI CHIAMA NON CONOSCE NEMMENO LONTANAMENTE LA GRANDEZZA DELL'IMPERO ROMANO7) MENNA O COME CAZZO SI CHIAMA CONOSCE IL FASCISMO COME IO CONOSCO IL GIAPPONESE8) SE TU DEL PENSIERO DI MENNA , O COME CAZZO SI CHIAMA, TE NE FREGHI IO ME NE STRAFREGOCIAO VECIO

p0ladani : non l'ho vissuto...come non ho vissuto il comunismo e le sue morti..i suoi massacri...mi sono stati raccontati da un'anziana cliente ...mentre le pulivo casa mi raccontava la storia! vissuta da lei personalmente e quindi raccontava di fascismo e di comunismo (tutto cio' che sui libri è vietato scrivere...non viene proprio scritto!)pero' ricordo l'uomo di mia madre...lui era fascista...e prima che mangiassi mi faceva cantare Giovinezza altro che il bimbo della suola del nord. buona continuazione di giornata Paola

SCHERZI A PARTE

 (Prima pubblicazione 23.01.2010)


Uno dei più grandiosi incipit letterari che mi sia mai capitato di leggere è quello di un capitolo del celebre libro di Marcello Marchesi, "Scherzi a parte", dove il comico riuniva i migliori e peggiori scherzi che avesse fatto o sentito narrare. Diceva così: "Non tentate mai di farla in un portamonete, è una cosa difficilissima, da marziani, piuttosto procuratevi una paletta..." e via così, lascio a voi immaginare cosa volesse mettere in quel borsellino nascosto tra finte banconote per poi lasciarlo per strada. Questo per dire che il mondo è bello se si sa scherzare, e si ha la prontezza e la capacità di sfruttare i tempi comici per gettare tutto in burla. Ricordo una volta che mi capitò un occasione ghiottissima, alzai il telefono per fare una chiamata e trovai già in linea una ragazza che parlava con la madre che era preoccupata perché lei era voluta andare fuori in vacanza con le amiche e non si fidava di quel che stava facendo, e la figlia giù che la rassicurava. Io ascoltavo in silenzio poi il demone della buffoneria mi prese la mano e, allontanata la cornetta per dare il senso della distanza, cacciai un urlo: Silvia lascia perdere la vecchia e torna a letto che mi si affloscia!   Al che la madre esplose, cominciò a urlare che lei era partita con quel ragazzo che loro non volevano, che adesso sarebbero partiti subito per andare a riprenderla e che non l'avrebbero mai più fatta uscire di casa. Successe un casino ma nel frattempo io avevo chiuso la comunicazione. Immagino che l'abbiano fatta andare suora o cose simili ma non potevo assolutamente perdere una occasione simile! E adesso, mentre ne ne stavo di ronda, mi arriva sul cellulare un msg dove una mi dice che si scusa perché invece di passare una serata tranquilla con lui hanno litigato per via di un altra. Mi avete visto bene in faccia? Ho cominciato a rimpallare msg dicendo che non volevo sentirla più, che era finito tutto e che era il caso di lasciarci. Lei non capisce, io insisto infuriato, alla fine mi fa: Ma hai capito che sono Francesca? e io, tremendo: Francesca?  al che lei di rimando: Certo, e chi se no? a questo punto non rispondo più, così penserà di avermi beccato mentre pensavo ad un altra e si prenderanno a calci l'un l'altra per un mese. Non sono una vera carogna? Ah, anime sante del Necchi, del Mascetti e del Sassaroli, accompagnate il mio cammino in questa valle di lacrime.

Commenti dei lettori dell'epoca : 

AntelaoCrena, sei veramnte perfido! Una volta, tempo fa, quando a Tarcento c'era ancora la caserma dell'artiglieria pesante campale, una signora sbaglio' numero e telefono' a casa mia chiedendo dell'artigliere XY. Io finsi di essere il piantone di servizio e stetti al gioco....Dopo una sapiente pausa, le comunicai, con tono grave, che XY era in punizione, cpr, e che quindi non solo non poteva venire al telefono, ma gli era anche stata tagliata la licenza......Crudele, eh?

milady444 : sei proprio una grandissima carogna ! buona domenica Graziella

p0ladani : gli scherzi del grande ...secondo me...Nanni Loi..li ricordi??...buona serata Crena

QUEL CHE C'ERA PRIMA DI CHATTA

 (Prima pubblicazione 21.01.2010)


Magari i giovanissimi non se lo possono ricordare ma chi ha qualche anno in più, forse a volte ripensa con una sorta di affettuoso rimpianto a quando per accedere all'hard disk di un computer bisognava prendere l'ascensore e per prendere un mouse dovevi mettere la trappoletta con il camembert. Intendo parlare quindi di quando i pc ed i notebook erano di là da venire e ci arrangiavamo, per tenere i contatti col mondo, in altro modo. Oh, certo , non rivango l'epoca di "Piccola Posta", come nel celebre film, né del Club di Topolino, tramite il quale comunque, quarant'anni fa, potevi scriverti con tanti amici ed amiche in tutto il mondo e che gioia era ricevere quelle letterine magari in inglese tutte coperte da stranissimi francobolli...Penso invece agli anni d'oro, diciamo circa venti anni fa, quando esplose il cosiddetto televideo: andavi sui canali delle tivù private, aprivi il televideo e trovavi la messaggeria, dove potevi scatenarti con i nick più strani e fare tante amicizie. Teleroma56 e Telestudio61, a Roma, erano quelle con i televideo più frequentati, anche se a volte diventava un vero problema fare uscire i messaggi, sia perché le segreterie telefoniche erano sempre piene, sia perché uscivano due volte a settimana e non si riusciva ad organizzare gli incontri, sia quando decisero di ricevere i msg solo per posta con le mille lire di carta dentro per coprire le spese che avevano, toccava attraversare Roma in auto per andare a portarglieli e Dio sa in quanti di noi hanno macinato chilometri per questa passione. Ma è anche vero che così finivano per formarsi delle compagnie grandiose, ricordo un meeting al laghetto dell'Eur che eravamo - foto alla mano - quasi trecento da tutta Roma. E che delizia tutti i sabati sera uscire in gruppo, e quanti amori, quante coppie si formavano, e proprio perché alla fine di persona ci si finiva per vedere tutti, anche se presentandoci solo con i nick, era molto raro che avvenissero attacchi personali sullo schermo dato che quasi subito bastava qualche frase o domanda ben assestata per scoprire chi si era inventato un fake. Poco alla volta questi televideo finirono per scemare, sia perché per coprire i costi Teleroma56 iniziò a mettere solo pagine di annunci erotici con i numeri telefonici tipo 883...etc, quelli che dopo due telefonate ti toccava andare al Monte dei Pegni, sia perché Telestudio61, a Torpignattara, forse la più seguita per via del gruppo enorme che si era formato, che in allegato faceva anche un favoloso programma radiofonico mattutino dove a turno partecipavamo come ospiti e che veniva condotto da Ettore Ranalletta poi diventato editor di un giornale di quartiere e trasformatosi da rockettaro quasi punk in candidato politico per le elezioni, insieme alla sua compagna di allora, RosaMaria Bassi, entrambi simpaticissimi e di gran cuore, perse il suo programma radiofonico e il televideo a causa di scelte oltremodo opinabili del proprietario. Poco alla volta crollò tutto, non avevamo più i nostri canali a disposizione, e il gruppo sopravvisse autonomamente come una qualsiasi compagnia di giovani per qualche anno poi, inevitabilmente, crescemmo, i lavori, i matrimoni (a volte persino tra i vecchi nick), le separazioni, la vita insomma ci mise i bastoni tra le ruote. E così ci siamo ritrovati nell'era cybernetica, impegolati nella ragnatela del web, dove tutto corre veloce, troppo veloce, e il contatto umano, la vera dimensione dell'essere, sembra avere timore di concretizzarsi. Troppo futuro ci ha regalato troppe paure, quando invece immaginavamo ci avrebbe donato tante speranze.

BUON COMPLEANNO FEDERICO !

 (Prima pubblicazione 20.01.2010)


Se fosse stato ancora con noi, oggi Federico Fellini avrebbe compiuto novant'anni. Dopo le grandi manifestazioni che si susseguirono alla morte del Maestro pian piano la tensione emotiva è andata scemando ed è curioso come oggi, a parte un servizio televisivo sulla Rai durante il tg, quasi tutti i giornali non hanno speso parole per ricordarlo. E tenete conto che il servizio del tg ha avuto un motivo chiaro per esser fatto, cioè l'intervista alla Loren e il fare pubblicità al film di prossima uscita "NINE" che dice di ispirarsi al capolavoro "OTTO E MEZZO". Ne approfitto invece io per ricordarlo, considerato che sono sempre stato un suo fan accanito al punto da avere tutta la sua filmografia in vhs e dvd, e le registrazioni televisive di interviste, documentari e speciali, nonché film vecchissimi  mai usciti su supporti. Arrivando finanche a rarità come "IL PIRATA SONO ME" di Macario, dove il Maestro scrisse le battute dei testi. E' anche vero che ebbi più volte il piacere di incontrarlo, ci incrociavamo infatti spesso al ristorante "CESARINA", dalle parti di via Veneto, dove andavamo a ritrovare i sapori romagnoli di un ottima cucina: i miei nonni infatti erano di un paesino che somigliava tanto a quell'onirica Brescello così ben disegnata da Guareschi e anche per questo ho sempre  amato AMARCORD, proprio perché vi rivedevo quei portici, quelle atmosfere dipanate nel tempo e prive di un luogo preciso che non fosse sognato, quella gente rustica e sanguigna. Ricordo anche che, incontratolo sotto casa a via Margutta, tentai sfacciatamente di propormi per qualche suo film, dato che ero iscritto come comparsa a Cinecittà ma mi fece notare che non ero abbastanza bizzarro per i personaggi che di solito filmava. Peccato, avrei pagato io per poter lavorare con lui, lo ammetto... Approfitto di questa occasione per mettervi un brano del celebre film ROMA, dove vedrete come si mangiava nelle trattorie all'aperto all'epoca del fascismo, e la location benché quasi del tutto creata a Cinecittà - e illudendo trattarsi di Trastevere - copia invece una piccola zona dietro piazza Cavour, ormai molto diversa. Posseggo una copia dell'Istituto Luce del film ROMA che contiene molti minuti in più di quella uscita nelle sale e prossimamente un amico che ha un suo sito su Youtube dovrebbe poterla mettere lì, tutta, chiaramente suddivisa a tranches, cosa che mi auguro così in tanti potranno vederla. Approfittiamo dunque di questa giornata per ricordare con rimpianto uno degli assoluti Maestri del cinema italiano - per me il più grande, ma io non faccio testo...- che ci ha regalato pellicole entrate nella leggenda e nell'immaginario collettivo.

Commenti dei lettori dell'epoca :  

mogul : da romagnolo ti ringrazio per il ricordo di Federico e per la tua passione nel collezionare pezzi inediti del maestro,

se i papaveri che stanno in alto lo hanno dimenticato peggio per loro,

lo ricordiamo noi e lo portiamo sempre nel cuore,

ciao grazie ancora

milady444 : dimmi c'è un argomento in cui sei carente???????????? mi associo con te nel ricordare il grande FEDERICO il "PIU" del cinema italiano buona giornata graziella


MORIRE

 (Prima pubblicazione 18.01.2010)


Ti capitano, no?, quei momenti vaghi dove così tante cose ronzano per la mente, momenti che sembrano dilatarsi nel tempo senza uno scopo, quando finisci la notte e riparti verso un alba traslucida, anelando quel piccolo raggio di sole che proprio non ne vuol sapere di uscire. Ti ritrovi ancora e sempre per strada, mentre sotto una cappa di nuvole plumbee ti sembra, ma sì, pare che...sì, eccolo lì ed una lama rossa taglia, attraversa, fa capolino, quella semisfera rossa come il sangue del sole che sorge, senza portare calore, senza portare che poca luce, ma solo la speranza che tra poco venga in tutto il suo fulgore. Lo vedo, se ne sta lì, galleggia tra le nuvole anche stamattina, nell'ennesima alba diaccia, non sa di me e neanche gliene importerebbe. Guido, con la stanchezza nelle ossa, così profonda, così bene abbarbicata alla schiena da non volersene andare neanche dopo due giorni di sonno. Che ovviamente non capitano mai. Mi aspettano le tre-quattro ore giornaliere sotto coperte che per riscaldarsi aspettano me. Ti fai i conti, ragioni, magari ci scappa anche qualche preghiera, anche stavolta si torna a casa, ripensi alla notte, al collega accoltellato pochi giorni fa, a quell'altro che l'altro giorno si è sparato. La testa è ovattata, non ha più voglia di significati, vorrebbe idee, idee che non vengono. Il pensiero si perde a ricordare testi letti tanto tempo fa, così tanti libri, una massa enorme, spicca Mishima con i suoi romanzi, le sue teorie, i suoi ideali. Il suo morire. Sarà l'alba, sarà il ricordo delle ultime scene del film dedicato a lui, potenti, drammatiche, una morte gloriosa, una morte da ricordare. Non un coltello in un vicolo buio. Non un cancro bastardo. Una libera scelta, un atto di arte, di amore, di esclusiva passione verso sé stessi. La stanchezza sembrerebbe quindi poter conoscere una fine. Una liberazione. Potrebbe essere così facile. Ma quando ci provai non ci riuscii. Anni passati. Motivi più profondi. Morire di stanchezza? Perché no, si muore per tante idiozie. Morire. Dormire. Sognare finalmente, sì, sognare in eterno, liberi, nella pace, senza più attese, il nulla, il vuoto. Il riposo. Togliere finalmente la soma di dosso, respirare un ultima volta, uno di quei respiri che abbiano tutti i sapori e gli odori del mondo, la terra bagnata, l'erba che cresce, il salmastro degli spruzzi marini. Semi di terre lontane che non importa se mai visiterò, basta che esistano e che io sappia che esistano. Il sole. Quello che non vedo mai, più, da anni, solo albe, tramonti. L'etica del vampiro, e non lo sono nemmeno. Calore, quanto, quanto ne vorrebbero le mie ossa. Steso al sole, su un muro, lucertola bizzarra e fuori misura, lì così senza null'altro da fare che diventare parte del muro. Calcinato. Ossa che biancheggiano al sole del deserto. Intoccate se non dal simun, baciate solo dalle dune  che vanno, vengono e non ricordano, prive di forma alcuna. Morire, sì. Finire. Quel viaggio fine a sé stesso, il cui senso sa solo qualcuno sopra di me, forse. Io no, o se lo sapevo l'ho scordato. Scordo tante cose, non voglio più ricordare. Continuo a viaggiare, l'asfalto scivola, le ore si rincorrono, gli occhi fanno male, vorrebbero chiudersi. Un altra alba, un altro tramonto, un altra alba. Ci vorrebbe Ozu per ritrarre una vita così, ma non c'è più. Mi precede. Guardo le macchie sulle mani, che belle mani che avevo, mani fatte per i pennelli, per la stilo e il calamaio. Guardo nello specchietto quel volto a cui sono abituato, ma non sono io, io non sono così, io ho vent'anni, ho tutta la vita davanti. Che sono quei capelli bianchi, una volta bruni, cupi. Solo gli occhi son rimasti, hanno vent'anni loro, anche se hanno visto troppo. Chiuderli sarebbe poi così male? Farà male? Sarà triste? Triste sarà essere soli, perché ognuno muore solo. Per quanti ne abbia d'attorno, è l'unico viaggio per il quale non puoi comprare due biglietti affiancati, di certo. Fa niente. Ma poi, potrò sognare?

Commenti dei lettori dell'epoca:

milady444 : capitano pure a me certi momenti ma per fortuna sono di breve durata e il sole sia pure solo nel nostro cuore torna sempre a risplendere

un sorriso e un abbraccio graziella

p0ladani : anche se capisco questi pensieri cupi...questa voglia di chiudere per davvero tutto...sentirsi talmente stanchi che la soluzione sembrerebbe una sola...ci sono passata e non solo una volta...ma ho capito che primo non ne sarei mai capace...di uccidermi dico...anche ai tempi credo di non aver mai trovato il modo giusto per farla finita proprio perche' in realta' non volevo affatto morire ma inconsciamente creavo "campanelli d'allarme" per farsi' che ci si accorgesse di me...di quel bisogno di ricevere coccole...attenzioni amore...e sono contenta di non esserci riuscita! perche' ho capito che la vita o meglio vivere mi piace! anche nella mia poverta' anche nel mio esser una madre-single...anche con tutti i problemi di salute...non mi importa se le mie mani sono cambiate...sono meno belle e lisce...non mi importa delle rughe...del corpo che sta invecchiando e che si stanca prima...non mi importa di esser meno scattante mi importa esser e sentirmi viva...mi importa invecchiare bene...nel migliore dei modi...e' sufficente guardare negli occhi le mie figlie per capire quanto amore ho donato e quanto ne ho ricevuto...mi basta pensare che ogni cosa che ho fatto che ho vissuto che ho anche subìto mi ha arricchita...e legata sempre piu' alla vita...non saro' io a decidere la data e l'ora del mio ultimo viaggio...e non mi importa se saro' sola...avro' vissuto e lasciato traccia di me...e lassu' semmai ci si rivedra' tutti ....non ho scelto di nascere e non decidero' io quando morire....c'e' CHI ci pensera' per me...com'e' giusto che sia....Un abbraccio

antonisceddu : Crena, in questo tuo post vedo il SOMMO in un momento NO...tutti abbiamo avuto e abbiamo questi momenti e anch'io, specialmente quando ero di servizio, mi ritrovavo a fare dei ragionamenti strani sulla vita, ma dopo riflettendoci sempre sopra saltava sempre fuori il solito responso: Anton...."così è la vita, una ruota che gira e non stà a te fermarla"...e adesso di questo nè sono più che convinto...sono rimasto troppo presto senza la mia "metà" e adesso attorno mi ritrovo i figli e figli dei miei figli e chissà quando quel Gran Manovratore fermerà la ruota e mi farà scendere dicendomi: fine della corsa. Un'augurio di gran ripresa e una settimana all'insegna della serenità, un'amichevole abbraccio, Antonello

ariel560 : sono rimasta incantata dal tuo modo di scrivere..... gli avvenimenti tristi, il desiderio di liberarsi dagli affanni, il bisogno di chiudere gli occhi e potersi scrollare i pesi della vita....E' terribile quando i pensieri iniziano a rincorrersi, specialmente di notte....fanno si che tutte le sensazioni negative risultino amplificate.....e nel buio e nel silenzio sembrano fantasmi in agguato....ma poi, con la luce del giorno si dissolvono almeno in parte.....Quando mi volto indietro e vedo chi sta peggio di me, mi accorgo alla fine che, pur con tutti i miei problemi, sono una donna fortunata e allora.......si va avanti....e credo che anche la vita peggiore sia degna di essere vissuta....auguri a te perche' ritrovi la tua seranita' smile

 Carmen

SOTTO ZERO

 (Prima pubblicazione 16.01.2010)


E si comincia, così, come tutte le notti, sapendo dove si va e non sapendo se, quando e come si torna. La Nomentana se ne sta acquattata nel buio, rumeni vagano nei pochi bar ancora aperti, piccola folla fuori da una sala giochi. Urla gioiose si alzano da un campetto di calcio illuminato come San Siro. Prendo il viottolo che porta alla campagna, per fortuna stanotte non piove ma già la brina brilla contro i fari da ogni gelido filo d'erba. Una volpe mi guarda sorniona da un rialzo del terreno. Pali di legno irti di filo spinato occhieggiano ai lati del camminatoio. Raggiungo la postazione, che non è una postazione; quello che dobbiamo sorvegliare non c'è, è stato spostato, non c'è niente. Campagna, masse di rovi, alberi smunti lanciano i loro rami contorti verso le stelle, poche carrube marcite ancora appese ai bordi. La stalla del pecoraio , massa buia nel buio, circondata da covoni fradici. I conigli saltellano alla luce dei fari, incomprensibile come non siano delle statue di ghiaccio. Gli strumenti, i forconi, vecchie seghe, falci, fanno capolino rugginosi e sporchi appesi al tetto della baracca e degli stallaggi. Il collega arriva in ritardo, saluta, si attacca al cellulare e dice che deve allontanarsi dieci minuti. Va bene, vai. Mi apposto al buio, ogni tanto con la torcia dirigo il raggio di luce contro rumori non identificati che arrivano dai cespugli. Cose che si muovono furtive. Torna dopo quasi un ora, era andato da un amico a vedere un cellulare, stende il sedile del Bmw e si mette a dormire. Bene così. L'ultimo dei fessi continua a sorvegliare il nulla in previsione di un occupazione da parte degli zingari. Dall'Aniene si alza la nebbia, densa, ciuffi, matasse involvolano su se stesse, rotolano verso di me, prima basse, poi ad altezza d'uomo. Un fruscio vicino, abbasso la luce, torme di ratti di proporzioni epiche si dirigono verso la baracca delle pecore. Meglio non chiedersi cosa vadano a fare. Alzo gli occhi, annichilito dalla sovrumana bellezza della infinita cupola stellata dove spicca grandiosa l'Orsa Maggiore. Non c'è luna, non posso neanche ululare. Le ore passano lente, tento di sopravvivere mettendo i pantaloni termici da moto sui calzoni della divisa ed un secondo giubbotto sotto la giacca, la sciarpa mi copre a mo' di ninja fino alle orecchie tenuta su da un cappuccio in pile. La steppa intorno mostra il suo ghigno feroce, da qualche parte dovrebbero esserci gli accampamenti dei Tartari, mi chiedo se potrei andare ad elemosinare una bistecca. Rido tra me e anche sorridere mi fa male alla faccia. Non sento le dita, frugo in cerca dei guanti piombati ma il freddo passa anche dentro di essi. Tento di fare i miei bisogni ma combattere con due pantaloni e gli slip è roba da alchimisti medioevali, alla fine ci riesco sperando non mi si congeli... Strani uccelli notturni gracchiano versi incomprensibili, magari ci sarà l'uccello dalle piume di cristallo, perché no, qui oramai niente mi stupisce più. Mi concedo un minuscolo piacere addentando una fetta di panettone rimasta in macchina, le razioni kappa le ho lasciate a Salerno nel 1980, grappa non ce n'è, alcool puro nemmeno, confido che l'uva passa mi dia un poco di energia. Assimilo lentamente i carboidrati, il sangue si rimette in movimento anche se fa fatica a giungere al cervello. Le pecore sbattono contro i bandoni di lamiera, si saranno accorte dei ratti. Alle cinque la nebbia viene tranciata da dei fari, arriva il camion del lattaio, carica succo di pecora e se ne va ancheggiando tra i fossi. Un gallo starnazza nella desolazione, evidentemente non ha studiato nulla di ore legali e fusi orari. Il collega dorme nella sua auto, io continuo a contorcere le dita dei piedi tentando di evitare il congelamento ma non si muovono e la cosa mi preoccupa. Sbatto gli stivali contro un albero più volte fino a che sento qualcosa, bene, sono ancora intero. Vivo. Un blocco di ghiaccio ma vivo. Guardo il termometro nella macchina, meno uno. La pistola è oliata a dovere, non avrà problemi nel caso servisse. Una sigaretta tira l'altra. L'alba è di là da venire. Cose si muovono nella nebbia. Rumori. Fruscii. Il sole arriverà. Prima o poi.

NOTTURNO

 (Prima pubblicazione 15.01.2010)


Ti ritrovi così, nel fondo estremo della notte, a girare e rigirare tra la peggio fauna nel sottobosco umano della stazione, con un paio di colleghi che tirano l'alba con te, cercando di svicolare col cervello dai tuoi problemi e parlando sommessi del più e del meno, cercando come sempre di scamparla quando, con gli occhi gonfi dal sonno e i piedi che gridano vendetta, fermi nel mezzo del corridoio gommato a farci una sigaretta, l'attenzione viene attratta da una cosa veramente assurda. Sbucato dal nulla un centesimo arriva rotolando piano su se stesso, viene verso di noi, fa un giro del gruppo, si avvicina ad un collega, si riallontana, viene verso di me, sembra indeciso, riprende a rotolare e se ne va. Ci guardiamo, indecisi se metterci a ridere o se farci rizzare i capelli. Guardiamo intorno ma non si vede da nessuna parte. Che fine ha fatto? Cominciamo a cazzeggiare sui film demoniaci e sulle monetine infestate ma l'ora e il luogo non sembrano adatti così lasciamo perdere e ci riavviamo, ognuno con la mano sulla fondina, verso i nostri stalli delegati. E intanto, come era ovvio, il cervello si mette a rotolare anche lui: e se fosse stata davvero l'occasione speciale? Se fosse stato un amuleto, un portafortuna magico? Se anche fosse stata un offerta da Belzebù, non era forse il caso di chinarsi e afferrarlo? Mica ricapita più una cosa così... faccio qualche giro in zona, non lo ammetto ma sì, sto cercando il centesimo. E non si vede più, forse aspirato dalla macchinetta degli spazzini che è passata poco fa, chi sa, magari adesso sta in un sacco di polvere pronto ad andare ad intasare furbescamente qualche condotto di scarico per provocare qualche immane tragedia condominiale multipla... o è già finito nelle tasche di qualche barbone che domattina troverà un portafoglio con la schedina vincente del superenalotto e tra un mese tornerà in stazione e si comprerà un Eurostar... mah. Chi sa cosa cercava da noi. Forse anche lui aveva bisogno di un po' di compagnia, nel gelo della notte. Forse cercava solo una tasca amichevole. O forse no.