venerdì 12 dicembre 2025

VIGILIA DI NATALE DEL 2009

 (Prima pubblicazione 26.12.2009)


Ripenso, a volte, con malcelata tristezza, ai trascorsi natali, a quella sottile felicità che iniziava molto tempo prima e si trascinava lenta e sorniona fin dopo l'epifania, ammantata del sapore di vivande desuete e di cose da fare diverse dalle usuali, quelle lunghe interminabili passeggiate a via del Corso a guardare le vetrine immaginando cosa avrebbe aggiunto piacere al piacere della festa. Quelle straordinarie luminarie sparse per le vie, il cicaleccio che si alzava dal fiume di gente intenta a spostarsi da un negozio all'altro. I teatri, con la ricerca del posto giusto per lo spettacolo più consono, o magari il classico film natalizio, divertente, spensierato. La vicinanza dei miei, l'illusione del tutto. Ma era bello, sì, perché negarlo. Me ne sto qui, come ieri, dietro un vetro di una portineria, ho finito di fare il mio giro di ronda, vedo lo strusciare dei notturni là fuori, chi tira bottiglie contro il muro della chiesa, chi sta pisciando sul marciapiede di fronte. Sottile, non più il brivido della festa ma quello carogna del freddo, mi striscia come un mamba vicino ai polpacci. Un grosso gatto mi guarda e mangia qualcosa di indefinito. Qualche finestra lascia trapelare la luce del calore di un alcova familiare, magari qualcuno che si vuole bene sta cenando o guarda la televisione. Passa una Ferrari, rossa, rombante: qui e a quest'ora è più assurda che se comparisse il cammello delle Camel a offrirmi una stecca di senza filtro. E qualche dattero, magari, che i deglets noir li mangerei volentieri. Una cena di vigilia alle sette di sera, sotto gli sguardi non sai se patetici o scocciati dei suoceri in attesa che te ne vai, la corsa in auto per dare il cambio al collega qualche minuto prima e farlo andare contento a casa.. e anche oggi la scena si ripete, con solo tre ore di sonno da ieri e fino a domani sera quando sarò di turno di riposo. Stanchezza. La montagna di regali accumulati in bella vista, perché in certe culture tribali conta evidentemente più il FARE che il COSA FARE, ed in effetti tale si rivelano poi al loro aprirsi nel bailamme parentale (tutto ovviamente da parte muliebre, ché io oramai i miei li vedo col contagocce data l'insofferenza e la freddezza reciproca). Vestiti a pioggia, borse di grido neanche apprezzate, monili e profumi d'alto costo e tutto il corollario. Mi ritrovo seduto, in un angolo, con un dvd (che già ho, pirata, ovviamente) ed un dopobarba economico. Ma va bene, lascia che facciano. Io, il mio "regalo perfetto" l'ho fatto e ne è prova la faccia fatta da chi l'ha ricevuto. Una cosa però mi amareggia alquanto, a differenza della tradizione degli anni passati, quando sempre ricevevo un libro sulla cui prima pagina Tatino disegnava strane e bizzarre cose come dedica, questa volta il pargolo si è ben guardato dal ricordarsi di avere un padre. Aspetto. Uno di questi giorni glielo dirò e so ben io come si sentirà. Sarà quello il mio regalo, acido ma dovuto. Ma in fondo non conto, a pensarci mi accorgo che mi intristisco per fesserie. La realtà è sempre quella: se vuoi una cosa, fattela. Si può contare solo su se stessi, aspettare gli altri è una dolce, pia illusione che non ha costrutto. Veglio, lascio che anche questo natale passi, la mia comunione me la son presa a discapito del confessore frettoloso che guardava l'orologio, sto in pace - quel poco - con me e con nostro Signore. Il resto, come sempre quando si cresce, son cazzate.

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